Dopo la presa del potere e la successiva trasformazione dell'Iran in Repubblica Islamica, venne inoltre riformato il sistema politico dell'inero Paese, infatti la nuova costituzione prevedeva l'esistenza parallela di due ordini di poteri: quello politico tradizionale, di cui l'esponente massimo è il Presidente della Repubblica e quello di ispirazione religiosa affidato ad una Guida Suprema a cui fu demandato l'effettivo esercizio del potere e che riconosceva nell'Islam e non nelle istituzioni il vertice dello Stato.
Di seguito poi venne formato un corpo di guardiani della rivoluzione, i cosiddetti PASDARAN, e iniziò un periodo di massiccia nazionalizzazione di industrie e servizi.
Nel 1979 Khomeyni indisse le elezioni, riservandosi tutti i poteri con la carica di "Guida della Rivoluzione". Fra le prime leggi - di forte stampo moralista - vi furono l'abolizione del divorzio e la proibizione dell'aborto. Inoltre istituì, sulla scorta della sharī‘a la pena di morte per l'adulterio, come pure per la bestemmia.
Impose alle donne la copertura costante del volto con un velo, pur concedendo loro una certa indipendenza rispetto a quanto avvenuto in tempi precedenti. Le donne poterono uscire di casa senza il permesso del padre o del marito, ebbero diritto all'istruzione come gli uomini (attualmente in Iran le donne sono spesso più acculturate degli uomini), venne incoraggiato il loro lavoro e, malgrado all'inizio avesse l'opposizione del "clero" islamico, rimase loro il diritto di voto, che venne abbassato a 15 anni. Secondo molti, tuttavia, con il regime di Khomeyni le donne continuarono ad avere molti meno diritti rispetto all'uomo, con una accentuazione del dovere di obbedienza al marito. Considerato l'isolamento avuto dal mondo, Khomeyni già nel 1981 mitigò questo rigido moralismo anche per poter conservare rapporti diplomatici con altri paesi. L'Iran comunque rifiutò ogni rapporto commerciale o politico con gli Stati Uniti.
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