sabato 6 marzo 2010

Pure questioni Diplomatiche

E' ormai da tempo che si parla di una delle questioni più calde del pianeta, il “Caso Tibet”.
Anni ormai sono passati dal lontano 1950, anno in cui l'esercito di liberazione popolare cinese, sotto il comando di Deng Xiaoping entrò nel territorio tibetano invadendolo e frantumando il piccolo esercito che gli si presentò davanti.
Nessuno stato ha mai riconosciuto l'indipendenza del Tibet e, pure i paesi occidentalizzati, hanno sempre trattato la cosa come una questione interna alla Cina su cui non potevano sbilanciarsi.
La questione dell'indipendenza è tornata ad essere una delle discussioni più animate proprio in questi giorni, causa l'incontro del capo spirituale Tibetano Tenzin Gyatso con il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, incontro scongiurato dalle autorità Cinesi.
Di fatto il ministro degli esteri di Pechino si dichiara “profondamente insoddisfatto” dell'incontro e accusa gli USA di aver violato la promessa presa di non sostenere l'indipendenza del Tibet.

Il portavoce della Casa Bianca ha riferito che non è stata messa in discussione l'unità territoriale Cinese e che la discussione tra i due leader ha trattato argomenti come identità religiosa, linguistica e culturale del Tibet. Sempre il portavoce riferisce che il presidente ha appoggiato a pieno la “terza via” adottata dal Dalai Lama, cioè quella della non-violenza e di un dialogo pacifico con la Cina.

Il capo spirituale in seguito all'incontro ha riferito ai giornalisti di essere molto felice del colloqui avvenuto nella sala delle mappe nella Casa Bianca; infatti l'incontro non si è tenuto nella sala Ovale, dove solitamente il presidente incontra tutti i suoi ospiti perché non si tratta di un leader politico ma religioso, questa è stata la motivazione ufficiale.

Gli attriti già esistenti tra Washington e Pechino non si sono quindi attenuati; a gennaio di questo anno già il gigante del Web Google aveva annunciato il suo ritiro dal territorio cinese denunciando di essere stato vittima di attacchi di pirateria che hanno violato la sfera privata di alcuni dei suoi clienti, tutti dissidenti cinesi attivisti per i diritti umani.

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